Storia della radio in Italia: le tappe fondamentali
È qualcosa di così quotidiano che molto spesso non ci si fa più nemmeno caso, eppure la radio è stata un mezzo di comunicazione rivoluzionario che è entrata prepotentemente nelle vite di migliaia di italiani accompagnandoli non solo nei momenti lieti ma anche nel corso di ben più difficili situazioni.
Proprio così: se oggi basta un click in macchina o sullo smartphone per collegarsi alle proprie stazioni radio preferite, nel secolo scorso la radio ha dimostrato di essere un valido alleato nel trasferimento di comunicazioni fondamentali: basta pensare alla dichiarazione di guerra o all’armistizio dell’8 settembre. In un mondo non globalizzato, infatti, la radio ha rappresentato il vero primo strumento di massa. Proprio per questo davanti agli apparecchi radiofonici per decenni si sono raccolte le famiglie italiane.
In vista di questa importanza del mezzo, lo staff dell’Università online Niccolò Cusano di Ascoli ha deciso di dedicare questo articolo alla storia della radio in Italia. Se siete interessati, continuare a leggere…
Invenzione radio: quando e come è avvenuta
Iniziamo a parlare di quella che è stata l’invenzione della radio: nello specifico il frutto di una serie di esperimenti iniziati già da fine Ottocento. E tra questi inventori e studiosi, compare un nome italianissimo, quello di Guglielmo Marconi.
Andando nel dettaglio, tutti gli esperimenti in questione mirarono a dimostrare la possibilità di trasmettere informazioni tramite le onde elettromagnetiche.
Inizialmente, nel 1860 James Maxwell studiò il carattere ondulatorio della luce, dell’elettricità e del magnetismo; in seguito, Heinrich Hertz riuscì a produrre le onde elettromagnetiche. Fu grazie a queste onde che Guglielmo Marconi riuscì ad elaborare il sistema di trasmissione senza fili garantendo la trasmissione d’informazioni a grandi distanze, conquistando dunque il titolo di inventore della radio.
La prima trasmissione radiofonica – condotta da Marconi – avvenne nel 1901, riuscendo a trasmettere la lettera “s” attraverso l’Atlantico.
Un solo nome cerca di appannare quello di Marconi e si tratta di Nikola Tesla che – secondo una sentenza della corte statunitense – riuscì negli esperimenti già a partire dal 1893.
Seppur quindi l’Italia sia la patria di questa tecnologia, la radio italiana languì fino agli anni ’20 del Novecento. Fino a quel momento, infatti, l’uso della radio era vietato ad i civili e fu impiegato solo nel corso di operazioni militari durante la Prima guerra mondiale.
Nel 1924, poi – grazie Costanzo Ciano – la radio diventò un vero e proprio strumento di massa, entrando nelle case. La prima trasmissione dell’Unione Radiofonica Italiana avvenne la sera del 6 ottobre, grazie alla voce di Maria Luisa Boncompagni che recitò: “Unione Radiofonica Italiana, stazione di Roma Uno, trasmissione del concerto inaugurale“. L’introduzione fu seguita l’esecuzione di un quartetto d’archi che intonò l’Opera 7 di Franz Joseph Haydn. Fu poi trasmessa della musica scelta e, infine, la trasmissione si concluse con il bollettino meteorologico, la borsa e le notizie lette da Ines Donarelli, componente del quartetto d’archi, annunciatrice improvvisata. Il tutto durò un’ora e mezza.
Negli anni ’30, poi, la radio iniziò ad essere fedele compagna di moltissimi italiani (chi se la poteva permettere l’aveva in casa, gli altri andavano appositamente ad ascoltarla presso bar o locali pubblici) e – di conseguenza – le trasmissioni subirono dei cambiamenti. Come prima cosa l’Unione Radiofonica Italiana diventò Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR) ed iniziarono ad essere trasmessi spot pubblicitari, musica e radiogiornali.
Nel corso degli anni ’30 un decreto del fascismo stabilì che l’informazione fosse gestita dall’agenzia Stefani, l’organo di stampa ufficiale del regime, e in questo modo i proclami del Duce vennero diffusi dalle radio attraverso l’uso di altoparlanti ed altri mezzi per le vie della città, così da essere ascoltati da tutti.
Ma il vero cambiamento arrivò nel corso della Seconda Guerra Mondiale: la radio divenne strumento ufficiale delle comunicazioni belliche e l’unico mezzo che riuscisse ad unire l’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre. Dopo questa data, infatti, il paese è spaccato in due: nell’Italia meridionale, al seguito all’avanzata delle truppe alleate, il Psychological Warfare Branch impianta nuove emittenti: Radio Palermo, Radio Bari, Radio Sardegna, Radio Napoli, Radio Roma.
L’EIAR si trasferisce a Milano e da qui diventa la radio ufficiale della Repubblica Sociale Italiana affiancata, però, da moltissime radio clandestine ascoltate – nonostante i tentativi di interferenza da parte dei tedeschi per conoscere la verità sull’andamento della guerra. L’emittente radiofonica “nemica” più conosciuta è senza dubbio Radio Londra.
Con la fine della guerra, la radio entra nelle case della maggioranza degli italiani e i programmi proposti diventano sempre più di varietà ed intrattenimento. Negli anni Sessanta il pubblico giovane, inoltre, ottiene trasmissioni appositamente dedicate (come ad esempio Bandiera gialla, Per voi giovani e Alto gradimento), condotte dalla coppia Renzo Arbore e Gianni Boncompagni.
Ma le emittenti RAI (in cui si era trasformato l’EIAR) subirono ben presto la concorrenza delle radio libere, delle radio private e, infine, dei network internazionali.
Negli ultimi anni le varie emittenti radio si sono sempre più differenziate (ce ne sono di sportive, religiose, vintage, politiche…) e hanno portato alla ribalta programmi che sono diventati veri e propri cult come ad esempio “il ruggito del coniglio” (in onda su Radio2) o “Deejay chiama Italia” (di Radio Deejay). Oggi, dunque, la radio continua ad avere un ruolo importante – grazie anche alla trasposizione “live” dei programmi sui canali televisivi dedicati.
Vi è piaciuta la storia della radio? Sapete che conoscere il passato della comunicazione è fondamentale per studiarne gli sviluppi? Per questo la Unicusano ha creato dei corsi dedicati. Continuate a leggere per scoprirne di più…
Master online nella comunicazione: scopriamo di più
Infine, come giusto corollario a quanto detto fin ora, vale la pena soffermarsi sull’evoluzione della comunicazione negli ultimi decenni. L’impiego delle tecnologie multimediali per la comunicazione ha coinvolto, negli ultimi anni, molteplici settori di applicazione, dall’editoria alla formazione, dalla televisione alla pubblicità e, sulla scorta di tale successo, numerose imprese, hanno cominciato a puntare su di esse, la propria missione aziendale.
Ecco perché è necessaria una formazione che permetta di conoscere il passato della comunicazione di massa, in modo tale da poter gestire ed interpretare le tendenze future. I corsi ed i master della Università Niccolò Cusano di Ascoli consentono di formare dei professionisti esperti nella progettazione, ideazione e gestione di progetti multimediali per la comunicazione attraverso un percorso multidisciplinare mirato a garantire l’acquisizione di competenze progettuali, metodologiche, di linguaggio ma anche operative ed applicative.
A tal proposito, segnaliamo la formazione offerta dal master online di I Livello in Teorie e tecniche dell’informazione giornalistica: questo corso della durata di 1.500 ore per 60 crediti formativi è rivolto a chi intende intraprendere la professione di giornalista o ad operatori del settore che intendano aggiornare e riqualificare la proprie competenze.
Tra i vari ambiti di studio – tutti specifici per stimolare curiosità ed interesse, con un occhio al passato ed uno al futuro – c’è un modulo di studi specifico che intende descrivere i diversi strumenti di informazione (televisione, radio, carta stampata, agenzie di stampa e comunicazione web) con studio della differenza dei linguaggi e dei diversi target raggiunti.
Anche nell’era delle comunicazioni 2.0, infatti, la radio resta comunque uno strumento da conoscere per poterlo utilizzare al meglio soprattutto in riferimento ad un certo tipo di pubblico.
Per avere maggiori informazioni sul master online (possibile da fruire in modalità telematica fruendo delle video lezioni senza alcun vincolo di orario direttamente dal sito web della Unicusano) potete compilare il form presente sulla home page.